Si chiamano NDE, Near Death Experience, in quanto sono esperienze di confine, vicine alla morte, sulle quali ormai esiste una vasta letteratura e riguardo alle quali le opinioni si dividono tra quelle di chi le ritiene frutto di ipossia, o dei farmaci somministrati e quelle di chi pensa che rappresentino un contatto anticipato con l’aldilà.
Noi non prendiamo posizione. Ci limitiamo a raccontare quello che ci raccontano i testimoni di un’esperienza, comunque straordinaria.
Mauro è un simpatico signore marchigiano che ha superato la sessantina e, come dice in esordio di racconto, si gode la vita, anche perché ormai la morte non gli fa più paura.
La sua storia inizia quando comincia a sentire un forte dolore al petto, che si estende lungo il braccio. Capisce di essere in procinto di avere il cuore in stallo, di stare per subire un infarto. E’ in automobile e guida, con affanno e preoccupazione, verso il primo pronto soccorso. Arrivato, non senza fatica, alla meta, viene subito portato in sala operatoria ed è lì che comincia la sua straordinaria avventura. Improvvisamente si sente fluttuare nella stanza dove è ricoverato e si vede steso sul lettino mentre i medici si affannano intorno a lui.
“Non sentivo dolore, tutto mi sembra tranquillo. Stavo bene”. Poi Mauro comincia a vedere una scala che sale verso un punto luminoso. La scala lo attira. Comincia a salire e, mentre sale, cresce in lui il desiderio di raggiungere quel punto luminoso che man mano si avvicina. Accanto a lui compare una persona. “Era – dice – Padre Pio”. Il santo lo accompagna per un tratto. Quando è vicino alla meta, Mauro vede una porta luminosa: “Brillava – racconta – di una luce indescrivibile, che nulla ha a che spartire con la luce del sole o con le luci alle quali siamo abituati. Ero attratto da quella porta. Volevo valicarla e andare oltre”. Impossibile. Tutto svanisce. “Ho di nuovo sentito il dolore del mio corpo”, dice con rammarico. Mauro apre gli occhi e vede un medico che gli dice che lo hanno salvato dalla morte per un attimo; lo hanno preso per i capelli con un defibrillatore e ora può ben dire di essere vivo. “La mia reazione – commenta Mauro ridendo – non è stata quella di gratitudine, ma quasi di rabbia. Volevo dire al medico: «Perché non mi hai lasciato dov’ero?». Mi sono trattenuto. In fondo lui ha fatto quel che doveva fare. Mi ha riportato nella vita terrena. Dopo quell’esperienza non ho più paura di morire, perché ho capito dove andiamo. Non è la fine. E’ solo un passaggio”.
Dopo qualche tempo, Mauro, sotto controllo medico dopo le cure per guarire l’infarto, tornato dal medico, scopre che il suo cuore è perfettamente rimarginato, come se non gli fosse mai accaduto nulla. E anche questo, dice, “mi è parso un evento davvero straordinario”.