GWYNFYD, IL MONDO DOVE SI VIVE OLTRE LA MORTE TERRENA

da | Set 6, 2020 | Riflessioni

Gwynfyd, nella filosofia druidica trasmessaci dalle Triadi bardiche, è il Cerchio della Felicità.

La prima definizione di Gwynfyd è nella triade XII dove è scritto che è là “dove [sono] tutte le sostanze qualitative o viventi, e l’uomo lo attraversa in cielo.

TRIADE XII – Tri chylch hanfod y sydd : cylch y Ceugant. Ile nid oes namyn Duw, na byw, na marw, agnid oes namyn Duw a eill ei dreiglo cylch yr Abred, Ile pob ansawdd-hanfod o’r marw, a dyn a’i treiglwys; cylch y Gwynfyd, lle pob ansawddhanfod o’r byw, a dyn a’i treigla yn y nêf.

Tre cerchi della sostanza dell’essere: il cerchio di Ceugant, dove non esiste nulla se non il Demiurgo, né viventi, né morti, e nessuno se non il Demiurgo lo può attraversare; il ciclo di Abred, dove [sono] tutte le qualità delle essenze (sostanze) animate o inanimate, e l’uomo lo attraversa; il ciclo di Gwynfyd, dove [sono] tutte le sostanze qualitative o viventi, e l’uomo lo attraversa in cielo.

Gwynfyd è, pertanto, un Altromondo, un Aldilà in confronto ad Abred (il ciclo delle migrazioni terrene, ossia lo spazio-tempo o campo gravitazionale). Un Aldilà dove ci sono tutte le substantie o ipostasi viventi o qualitative, ossia dotate di qualia, ovvero degli aspetti qualitativo più che quantitativi dell’esperienza umana.

Gwynfyd è un mondo di essenze. Gwynfyd, che l’essere umano attraverserà, è un’altra dimensione; è un mondo di trasformazioni dove l’essere umano cambia la sua condizione in assenza di costrizioni, non ha un corpo materiale e non ha un impulso manifestativo, ossia non ha più l’impulso a entrare in un mondo spazio-temporale.

Nel Cerchio della Felicità l’essere umano si vede restituito l’Awen originario, ossia la sua essenza primigenia, l’amore originario e la memoria originaria e avrà la comprensione delle qualità del disordine e della morte, delle loro cause e del loro modo di agire e la volontà di sconfiggerli.

Uno degli aspetti più interessanti riguarda la conoscenza che viene conseguita in Gwynfyd e che si fonda sulla possibilità di transitare in tutte le condizioni della vita, di ricordarsi di tutte le disavventure e di poter essere in una condizione qualsiasi.

Gwynfyd appare qui come una dimensione sottile e incorporea che consente all’essenza umana di potersi immedesimare, per conoscere, in qualsiasi stato e condizione dell’esistenza.

Il concetto è ribadito nella Triade XLV dove l’essere umano può partecipare di ogni qualità, ma essere completo in una; può interpretare ogni Awen, ma eccellere in uno; può amare ogni essere vivente, ma sopra ogni cosa deve amare il Demiurgo, che viene definito come essere vivente, ossia informazione in azione: Duw, azione dell’Oiw o, in altri termini, Lógos, azione dell’Arché. Il Demiurgo è [Triade XLVI] essere infinito in lui stesso, finito in rapporto al finito e co-unito con ogni stato dell’esistenza in Gwynfyd.  Ogni stato dell’esistenza in Gwynfyd è pertanto co-esistente con il Demiurgo.

Le Triadi ci consegnano poi alcuni elementi essenziali della condizione dell’essere umano in Gwynfyd.

L’essere umano ha un compito, un privilegio, ossia una sua legge individuale e un Awen, ossia il suo “soffio vitale”. L’essere umano, pertanto, in Gwynfyd è vivo e ha una propria individualità.

A conferma di questa fondamentale notizia le Triadi ci dicono che tre cose non avranno mai fine e dureranno in eterno nel Cerchio della Felicità: la forma, la qualità e l’utilità dell’esistenza.

L’esistenza dell’essere umano in Gwynfyd, pertanto, avrà una forma. Quale essa sia non è specificato, anche se altre tradizioni ci danno significative indicazioni riguardo a un corpo di luce, simbolicamente indicato di forma sferica, come l’anima mundi. Nella simbologia antica l’uomo spirituale è rotundum e l’anima ha forma sferica. Cerchio e sfera sono archetipi della completezza.

La qualità dell’esistenza indica un’individualità e l’utilità ci richiama al concetto di compito. Gli esseri umani non sono nati a caso e la loro utilità rientra nel sistema. Non a caso, nella Triade XL l’esistenza in Gwynfyd presenta tre vantaggi: l’istruzione, la bellezza e il riposo, ossia il conoscere, il creare e il riposare dopo aver conosciuto e creato. Tre vantaggi propri di un demi-ergon, ossia di un collaboratore del Demi-ergon, del Demiurgo, di Duw o, in altri termini, del Logos.

Vediamo, prima di procedure, il testo delle Triadi.

TRIADE XXX – Tri gwahaniaeth angenorfod rhwng dyn, a phob byw aralI, a Duw: ing ar ddyn. ag nis geIlir ar Dduw; dechre ar ddyn.. ag nis gellir ar Dduw; ag angen newid cyflwr olynol yn nghylch y Gwynfyd ar ddyn. o anoddef bythoedd y Ceugant, ag nis gellir ar Dduw, gan allu pob dyoddef, a hyny gan wynfyd.

Tre inevitabili differenze tra uomo, o qualsiasi altro essere vivente, e il Demiurgo: l’uomo è finito, mentre il Demiurgo no; l’uomo ha avuto un inizio, mentre il Demiurgo non l’ha avuto; l’uomo necessita di cambiare la propria condizione successivamente nel cerchio di Gwynfyd, in quanto incapace di resistere fino a Caugant, mentre il Demiurgo non ne necessita in quanto in grado di resistere ad ogni cosa e questo coerentemente con la felicità.

TRIADE XXXI – Tri chyntefigaeth Gwynfyd : annrwg, anneisiau, ag annarfod.

Tre vantaggi principali nel cerchio di Gwynfyd: assenza di costrizione, assenza di necessità, assenza del corpo materiale.

Nota: male è costrizione; necessità intesa come impulso insopprimibile a manifestarsi; annarfod è armatura, ossia corpo materiale. 

TRIADE XXXII – Tri adfer cylch y Gwynfyd: awen gysefin, a gared gysefin, a chôf cysefin; am nas gellir gwynfyd hebddynt.

Tre cose saranno restituite nel Cerchio della Felicità: l’Awen originario, l’amore originario e la memoria originaria; senza questi non c’è felicità.

TRIADE XXXV – O ddeal tri pheth y bydd difant a gorthrech ar bob drwg a marw: ansawdd, achos a pheirant; a hyn a geir yn y Gwynfyd.

Dalla comprensione di tre cose e dalla volontà di sconfiggere Drwg e la morte: le [loro] qualità, la [loro] causa e il [loro] modo di agire; e questa conoscenza sarà acquisita in Gwynfyd.

TRIADE XXXVI – Tri chadernyd gwybodaeth : darfod treiglo pob cyflwr bywyd, cofio treiglo pob cyflwr a’i ddamwain, a gallu treiglo pob cyflwr fal y mynner, erprawf a barn; a hynn a geir yn nghylch Gwynfyd.

Tre i fondamenti della conoscenza: transitare in tutte le condizioni della vita, ricordarsi di tutte le disavventure e essere in grado di poter essere in una condizione qualsiasi. E questo è ottenuto in Gwynfyd.

TRIADE XXXVII – Tri bannogion pob byw yn nghylch y Gwynfyd: swydd, braint ag awen; ag nis gellir dau’n bod yn ungyfun y mhob peth; gan y bydd cyflawn pob un yn y bo bannog arno: ag nid oes cyflawn ar ddim, heb y maint olI a dichon fod o hano.

Le tre caratteristiche di ogni essere vivente nel cerchio di Gwynfyd: il compito, il privilegio, l’Awen; ne è possibile che due esseri siano identici in ogni cosa; perché ognuno di questi sarà completo in ciò che gli è caratteristico per questo e non vi è nulla di completo senza la comprensione dell’intera misura che potrebbe appartenergli.

TRIADE XXXIX – Tri pheth nis gellir darfod byth arnynt gan angen eu galledigaeth: dull hanfod, ansawdd hanfod, a lles hanfod; gan hyn byddant hyd byth yn eu hannrwg, ai byw ai marw ydynt, yn amryfel hardd a daionus cylch y Gwynfyd.

Tre cose non avranno fine a causa della necessità della loro potenzialità: le forme dell’esistenza, le qualità dell’esistenza e i benefici dell’esistenza. Per questo non esisteranno mai nella malvagità, presso gli esseri animati e inanimati, nella differenza tra bello (eccellente)  e bene nel cerchio di Gwynfyd.

TRIADE XL – Tri rhagor newid cyflwr yn y Gwynfyd : addysg. harddwch, a gorphwys. rhag anallu dioddefy Ceugant a’r tragywyddol.

Tre eccellenti cambiamenti di stato in Gwynfyd: l’istruzione, la bellezza e il riposo; a causa dell’impossibilità di sopportare Ceugant e l’eternità.

TRIADE XLV – Tri chyfiawnder Gwynfyd: cyfran yn mhob ansawdd. ag un cyflawn yn pennu; cyfymddwyn a phob awen, ag in un rhagori; cariad at bob byw a bod, a tuag at un, sef Duw, yn bennaf; ag yn y tri un yma y saif cyflawnder nef a Gwynfyd.

Le tre pienezze del Gwynfyd: partecipazione di ogni qualità, con la completezza di una; interpretare ogni Awen, ed eccellere in uno; amore verso ogni essere vivente e verso uno di questi, ossia Duw, sopra ogni cosa. E’ in queste tre cose che consiste la pienezza del cielo e di Gwynfyd.

TRIADE XLVI – Tri angen Duw : anfeidrol ger ei hûn; meidrol ger meidrol. a chyfun a phob cyftwr bywydolion yn nghylch Gwynfyd.

Tre necessità del Demiurgo: essere se stesso infinito; mortale vicino al mortale e   in accordo con tutti le condizioni esistenziali nel ciclo di Gwynfyd.

Gwynfyd è il luogo dell’etica

Gwynfyd, per come è descritto nelle Triadi, è l’approdo evolutivo dell’essere umano, in quanto gli è impossibile accedere a Ceugant il Cerchio Vuoto, sede dell’Oiw nel quale può trasitare solo Duw). Conseguentemente Gwynfyd è il luogo della massima prossimità all’origine, ossia è il luogo dell’etica.

Êthos, infatti, significa “soggiorno”[i]. Scrive Eraclito (frammento B119): ” Êthos antropói daímon”. “L’uomo soggiorna presso gli dei”.[ii] Il soggiorno dell’uomo è nel divino in quanto il divino è in lui e divino significa splendente, ossia luminoso.  Dayus è splendore, come Duw, il Demiurgo druidico: una luce (energia) creata e derivante dalla luce originaria delle Acque primordiali indoeuropee (Na-Ka); un’energia intensa e relazionale.

Il soggiornare presso l’Essere, questo farsi ospitare, è proprio del semnoteo,  ossia del Druida, nella sua tensione verso l’unità con l’origine e nel suo essere osservatore, contemplatore dell’origine nel suo paradossale rendersi evidente mentre si nasconde.

L’etica è, dunque, un soggiornare che implica una tensione conoscitiva verso l’unità che si esplica nell’osservazione e nella contemplazione, ossia in una costante apertura, disponibilità al darsi dell’origine. L’etica è tensione verso la conoscenza della sapienza del divino, del Duw, del Demiurgo, dell’attività dell’infinito campo informativo dal quale scaturiscono le realtà dei mondi.

Se l’universo, come ipotizzano gli scienziati, è essenzialmente informazione e i frammenti fondamentali di informazione che generano l’universo vivono alla scala di Plank in forma di bit, il semnoteo modernamente inteso è colui che sa ricevere le informazioni che promanano dal campo informativo: intuito, ascolto, apertura.

Praticare l’etica, come facevano i druidi, è praticare il soggiorno ed è rendersi disponibili alla conoscenza. L’essere umano etico è colui che segue la via della conoscenza, la quale presuppone libero pensiero, scevro da dogmi, verità rivelate, schemi mentali e pregiudizi.

L’etica non è una costellazione valoriale, derivante da un Superente, come ad esempio il platonico Sommo Bene, ma tensione conoscitiva, un aprirsi alla conoscenza, un’accettazione del costante sopravvenire del nuovo.

Essere semnotei significa essere disponibili ad ascoltare Duw, la voce di Duw che, nell’orizzonte dell’apparire, dà all’uomo notizie degli enti.

La riflessione filosofica si accosta a quella dei fisici, che nel corso degli ultimi vent’anni hanno capito molto di come l’universo immagazzina informazione, arrivando a ipotizzare che sia l’informazione e non la materia e l’energia, a costituire l’unità fondamentale dell’esistenza. L’informazione si trasmette in frammenti minuscoli. Da questi frammenti deriva lo spazio. Gli scienziati sospettano che sia l’informazione a far comparire ciò che percepiamo come realtà. Secondo questa visione delle cose, l’universo è essenzialmente informazione e i frammenti fondamentali di informazione che generano l’universo vivono alla scala di Plank in forma di bit. La più piccola distanza di cui ha senso parlare è la lunghezza di Plank, ossia 10-33 centimetri. Il tempo di Plank è 10-43 secondi. Ebbene a 10-33 centimetri e a 10-43  secondi le fluttuazioni di energia sono tali da distorcere lo spazio-tempo, dando luogo a una schiuma di buchi neri. Prendiamo in considerazione, ora, l’area di Plank, qualcosa di simile a dei pixel della superficie di un televisore o di un computer, sulla quale si compone un’immagine digitale o un’area di memoria. Ogni area di memoria contiene un bit, ossia uno zero o un uno: lo  0   1 del linguaggio binario.

Secondo il principio olografico, quando un oggetto cade in un buco nero la materia che contiene potrà perdersi, ma l’informazione dell’oggetto rimane in qualche modo codificata sulla superficie del buco nero. L’informazione, dunque, non si perde mai. 

Siamo in presenza di quello che viene definito il Campo Zero, che sta oltre il Léthe, il fondo nascosto che dispiega l’alétheia. Un campo che la nostra mente riesce ad intuire come luogo delle infinite possibilità e che, per usare un concetto di Giordano Bruno, è invecepuro atto totale simultaneo.

Un Campo Zero che può essere ben simbolizzato dal cerchio vuoto Ceugant.

Gwynfyd è un mondo fisico

Quando “i primi filosofi pronunciano la parola phýsis, essi – scrive Emanuele Severino – non la sentono come indicante quella parte del Tutto che è il mondo diveniente. …..Phýsis è costruita dalla radice indoeuropea bhu, che significa essere e la radice bhu è strettamente legata (anche se non esclusivamente, ma innanzitutto) alla radice bha, che significa «luce» e sulla quale è appunto costruita la parola saphés”[iii] , dove saphés significa chiaro, manifesto, evidente, vero.

“La vecchia parola phýsis – scrive Emanuele Severino – significa «essere» e «luce» e cioè l’essere nel suo illuminarsi”.[iv]

Phýsis è “il Tutto che si mostra”[v] come verità incontrovertibile.

Gwynfyd essendo un luogo dell’esistenza è Physis, l’Arché, l’Oiw che si mostra come universo non materiale, universo di luce: l’Altromondo.

Severino ci ricorda che kósmos deriva dalla radice indoeuropea kens. “Essa – scrive il filosofo bresciano – si ritrova anche nel latino censeo che, nel suo significato pregnante significa «annunzio con autorità»: l’annunziare qualcosa che non può essere smentito, il dire qualcosa che si impone. Ci si avvicina al significato originario di kósmos se si traduce questa parola con «ciò che annunziandosi si impone con autorità». Anche l’annunziarsi è un modo di rendersi luminoso. Nel suo linguaggio più antico, la filosofia indica con la parola kósmos quello che essa indica con la parola phýsis: il Tutto, che nel suo apparire è la verità innegabile e indubitabile”. [vi] Kosmos non è mondo, ma “invisibile armonia sottesa al chaós”[vii]

Gwynfyd, in quanto Physis, è kosmos, l’invisibile armonia sottesa al chaos che si mostra come universo di luce.

Sempre Severino, alla cui chiarezza espositiva ci affidiamo, scrive che epistéme, comunemente tradotto con scienza, è “lo «stare» (stéme) che si impone «su» (epí) tutto ciò che pretende negare ciò che «sta»: lo «stare» che è proprio del sapere innegabile e indubitabile e che per sua innegabilità e indubitabilità si impone «su» ogni avversario che intenda negarlo o metterlo in dubbio. Il contenuto di ciò che la filosofia non tarda a chiamare epistéme è appunto ciò che i primi pensatori (ad esempio Pitagora ed Eraclito) chiamarono kósmos e phýsis”. [viii]

La vera scienza è, dunque, la comprensione della  phýsis, del Tutto che si mostra, sia nel mondo della materia (Abred), sia nel mondo della luce, Gwynfyd.  

 “Se il mondo è phýsis che «dischiudendosi si manifesta», l’essere umano si lascia sorprendere dallo stupore proprio di chi si meraviglia di fronte allo spettacolo cosmico che si dispiega”. [ix]

E’ la condizione del semnoteo, del druida; dell’essere umano etico e scientifico.

Nel pensiero filosofico antico troviamo la parola arché, “dimensione da cui tutte le cose provengono e in cui tutte ritornano”[x], ma anche “forza che determina il divenire del mondo”[xi], quindi anche legge che lo governa (in altre parole Ritam, Recht).

L’arché è, nel pensiero dei primi pensatori greci, “l’unità da cui tutte le cose provengono e in cui tutte ritornano”[xii]. Un’unità intesa come identità che ogni singolo ha con ogni altro.

Arché o àrchi, come árchein, dal significato di principio, di essere a capo, di essere il primo di una serie e primo nel tempo (archaîos=antico) derivano dalla radice *arh dal significato di valere, meritare, potere, esser degno, superiorità, eccellente, primeggiare, grado superlativo. Tutti significati attribuiti alla Dea che è Potnia (potente), eccelsa (Brighit) e che è la prima e il principio.

Se analizziamo ora la parola archetipo, notiamo come sia composta da arché e typos (immagine, impronta). Gli archetipi sono dunque le immagini, le impronte dell’Arché, ossia della dimensione da cui tutte le cose provengono e in cui tutte ritornano e la forza che determina il divenire del mondo.

L’Archè è la Dea Madre, ossia la Madre degli archetipi  e di tutto ciò che esiste.

Il massonico concetto di Architetto dell’Universo (archi-tékton, capo costruttore) è dunque traducibile nellazione del principio (primo nel tempo e nello spazio, eccelso e potente) che costruisce l’esistente e in quanto Arché-Tectòn, il Grande Architetto dell’Universo è il Duw, il Logos, che regola l’apparire dell’Arche (Oiw), rendendo esplicito ciò che è implicito, evidente ciò che è nascosto, manifesto ciò che è immanifesto: è l’azione dell’Archè (Oiw) nel suo rendersi evidente nel limite. 

La phýsis è (Anassimando) apeiron, ossia infinito, illimitato, immenso, originaria unità degli opposti ed è non solo l’altro aspetto dell’Arché, ma anche stoichéion, elemento unificatore del molteplice.

“Anche in Eraclito – scrive Severino – la phýsis è sia stoichéion, sia arché: sia l’identità delle cose diverse e opposte (ossia la loro legge e il loro ordine), sia il luogo divino dove tutti gli opposti sono originariamente ed eternamente raccolti e dove la legge delle cose è il contenuto della suprema sapienza del Dio, da cui procede ed è governato il divenire cosmico”. [xiii]

Ritroviamo qui i concetti di En to Pan e di Olos.

Essendo la phýsis, come s’è visto, l’apparire dell’Archè, la phýsis rimane così sul confine del Tutto, come Gwynfyd che è il luogo della prossimità. Questo apparire sul confine è un’immagine che ben si attaglia alla druidica Nona Onda, “estremo confine della Terra, al di là del quale – scrive Philip Carr Gomm – si estendono i mari neutrali”. La Nona Onda è l’estremo confine del soggiorno: un confine non statico, ma estremamente diveniente, poiché le onde continuamente si creano e si infrangono, rappresentando esse stesse il trasformarsi dello spirito (soffio divino) in vibrazione energetica, che è anche materia. Oltre la Nona Onda, ossia oltre le onde energetiche, si estendono i mari neutrali, l’Oceano primordiale, il Punto Zero, Ceugant, l’Archè, l’Oiw, la infinita Informazione.   

Gwynfyd, un mondo fisico di fotoni

Ceugant, sede dell’Oiw, in quanto cerchio, si espande rimanendo sé stesso, ma aumentando la propria luce, ossia emanando luce, così come avviene quando le particelle (eccitazioni) del Campo quantico si annichilano, emettendo fotoni: un mondo di fotoni, un mondo di luce: Gwynfyd.

Gwynfyd è pertanto un mondo fisico di fotoni.

A confermarcelo è anche l’analisi semantica del vocabolo Gwynfyd secondo il metodo di Franco Rendich. [xiv]

Con la prima parte del vocabolo, ossia Gwyn, abbiamo:

  • g) andare in ogni direzione
  • w come u) concentrazione
  • y) andare, muoversi, staccarsi
  • n) acque primordiali

Muoversi in ogni direzione staccandosi dalle Acque primordiali Na nelle quali c’è la luce primordiale Ka.

Abbiamo poi Fyd:

  • f come k) luce primordiale
  • y) andare, muoversi
  • d) luce derivata

Gwynfyd è, in questo insieme di significati, un mondo di luce derivata, che si è mossa da una luce originaria, staccandosi dalle Acque primordiali e muovendosi in ogni direzione.  In buona sostanza un mondo di luce. ©Silvano Danesi


[i] “Il soggiorno dell’uomo è il divino che è in lui”, M.Heiddeger, Lettere sull’umanesimo, cit. in Umberto Galimberti, Il tramonto dell’Occidente, Feltrinelli

[ii] Umberto Galimberti, Il tramonto dell’Occidente, Feltrinelli

[iii] Emanuele Severino, La filosofia antica, Rizzoli

[iv] Emanuele Severino, La filosofia antica, Rizzoli

[v] Emanuele Severino, La filosofia antica, Rizzoli

[vi] Emanuele Severino, La filosofia antica, Rizzoli

[vii] Umberto Galimberti, Tramonto dell’Occidente, Feltrinelli

[viii] Emanuele Severino, La filosofia antica, Rizzoli

[ix] Umberto galimberti, il Tramonto dell’Occidente, Feltrinelli

[x] Emanuele Severino, La filosofia antica, Rizzoli

[xi] Emanuele Severino, La filosofia antica, Rizzoli

[xii] Emanuele Severino, La filosofia antica, Rizzoli

[xiii] Emanuele Severino, La filosofia antica, Rizzoli

[xiv] Franco Rendich, L’origine delle lingue indoeuropee, Palombi Editore